mercoledì, agosto 25, 2010

18 Agosto 2008

Un detto giapponese recita: "Se desideri sondare il cuore di un amico, ammalati", e un paio di anni fa quando mi capitò di finire per un po' in ospedale sperimentai questa frase sulla mia pelle.

Dedico quindi questo post a chi mi è stato mostruosamente, esageratamente e a volte inaspettatamente vicino in quel periodo ma anche a chi non lo è stato per niente dandomi la possibilità di aprire gli occhi.

E' doveroso però partire dall'inizio, e per correttezza non citerò chi si è dato alla macchia in quel periodo, preferisco celebrare gli amici piuttosto che additare i colpevoli, se così li si può chiamare.

Quindi per fare un po' di ordine devo iniziare a raccontare dall'ultimo giorno di ferie a Creta.

Parte una sigla stile Baywatch ma invece delle puppe di Pamela Anderson nel video sballotta la mia panza pelosa.
Creta, immersi nel Mediterraeo fra giornate in spiaggia e gitarelle allegre cercando di asfaltare ignari vecchietti, si passa il tempo portando avanti un litigio assurdo le cui origini non sono ancora ben chiare perchè ogni fazione si è offesa in un momento diverso. Il litigio vede contrapposte 2 squadre: Lele e il sottoscritto Vs. Lilly e Michela.
L'ultima sera si brinda pesantemente al compleanno di Lele e fra una giretto in disco e una chiacchierata si fanno orari assurdi pur sapendo che il mattino seguente la sveglia sarebbe suonata troppo presto.
Si sviene a letto.
Riapro gli occhi ed è mattino e un mal di testa assurdo continua a ronzarmi nel cranio, ovvio sarà l'alcool e in fretta e furia anche se un po' stordito mi preparo per la partenza.

In aereo dormo come un sasso e mi sveglio solo per sghignazzare nel muso alla Lilly che ha paura dei vuoti d'aria (si, sono una carogna). In aereoporto sono un po' rinco ma alla fine si arriva a casa e data la stanchezza decido di buttarmi nel letto per dormire, anche se prima di addormentarmi mi accordo con Rouge & Gori per la serata, promettendo un dettagliato ed esilarante resoconto della litigata uomini Vs. donne.

Mi sveglio, mi preparo e pimpante salto sulla mia adorata Z4, ed avevo proprio voglia di guidarla dopo 7 giorni senza di lei, ma una volta partito  inizia a girarmi la testa. Lentamente giro attorno all'isolato e riporto la macchina in garage, sono troppo in coma così mi ritrascino a letto e ricomincio a dormire. Non avviso nessuno e dormo di filata tutto il sabato notte fino al giorno dopo.

Mi risveglio al mattino seguente convinto di ritrovarmi come nuovo e invece sono ancora più stordito, in casa si inizia a pensare alla labirintite o a problemi di pressione e non si capisce cosa mi stia succedendo, io nel mentre non mi preoccupo e continuo a dormire e trascinarmi da un letto all'altro.
Verso sera mi accorgo che il mio bizzarro strabismo, con cui convivo da sempre, sta peggiorando e piano piano non riesco più a vedere bene. Io continuo a non preoccuparmi e nel mentre mia sorella parte per le vacanze in Sardegna.

Il lunedì mattina mi sveglio e sto male, vomito, mi gira la testa e ormai non riesco più a vedere. Mia mamma non sa cosa fare e io le dico di portarmi in pronto soccorso. Arrivo stravolto e vomito appena fuori l'ingresso, in poco tempo mi visita una neurologa, poi mi fanno una tac da cui non si vede nulla. Attendo un po' e poi mi comunicano che mi trasferiranno al Mondino a Pavia per poter fare ulteriori esami.

Sballottato dentro l'ambulanza arrivo stravolto e strasudato al Mondino e subito mi portano a fare la risonanza magnetica. Per far passare il tempo un po' mi concentro sul respiro e un po' canticchio e ovviamente vengo subito cazziato perchè mi muovo, così ritorno a concentrarmi sul respiro cercando di stare fermo. Finita la risonanza mi piazzano in uno stanzino da solo. Lo stanzino era tutto bianco e non ci passava nessuno, io ero senza orologio,senza punti di riferimento e completamente sudato, ma dopo poco grazie all'aria condizionata a -20 inizio ad avere freddo e ho avuto l'impressione di essere lì da troppo tempo, così mi sono ritrovato nel panico.

"Si saranno dimenticati di me" ho inizato a pensare, e in men che non si dica mi sono ritrovato nella paranoia più nera, così ho pensato bene di ritornare a pensare solo al respiro e lentamente mi sono calmato. Non si erano ovviamente dimenticati di me e così mi ritrovo a fare un ecografia al cranio. C'erano delle studentesse che mi seguivano interessate, un po' per il bizzarro caso clinico e un po' perchè credo che trovarsi un coetaneo così conciato comunque le abbia colpite. Fortunatamente mi hanno distratto un po' e risollevato ' il morale che in quei momenti era alquanto altalenante fra un ottimismo folle e un altrettanto folle pessimismo cosmico.

Mi rispediscono in camera e mi ritrovo in uno stanzone circodato da gente moribonda dove il clima non era sicuramente dei migliori, ma per fortuna ad accogliermi trovo un infermiere, mi ricordo ancora il suo nome: Serafino, che con la sua simpatia mi ha alleggerito non solo quei primi momenti in ospedale ma anche i giorni seguenti.

Mi visitano i medici, arriva mia mamma accompagnata dal Botti e non si sa ancora cosa mi stia succedendo ma nel frattempo faccio sempre più fatica a camminare anche se ci riesco ancora.

Passa la prima notte fra i lamenti dei compagni di stanza e un mal di testa assurdo.
La giornata successiva peggioro, non riesco più a camminare e iniziando la mia carriera da pirata faccio l'amicizia con il mio inseparabile amico pappagallo. Mi fanno un prelievo del liquor per cercare di capire cosa mi sta succedendo ma il risultato arriverà solo il giorno successivo, nel frattempo per mia somma gioia mi sottopongono ad una elettromiografia, praticamente un elettroshock legalizzato che serve a capire se i miei nervi e/o i miei muscoli funzionano o no. Dall'esame sembra praticamente tutto ok, non dovrei avere lesioni e quindi si continua a non sapere cosa stia succedendo.

Mi ricordo ancora che quando nel pomeriggio (credo perchè la nozione del tempo era un po' vaga in quel periodo) sono venuti a trovarmi il Botti e mia mamma mi sono commosso col Botti per la prova di forte amicizia che mi stava dando. Quando in cuor tuo inizi a pensare seriamente alla tua vita te ne freghi di quello che possono pensare gli altri e inizi ad aprirti senza remore.

Passa un'altra notte fra mal di testa, assenza di sonno e con la compagnia del mio nuovo amico pappagallo. Durante la notte o forse era già mattino, perchè in quel momento ero parecchio stordito, fra i dolori assurdi alla testa, la mancanza di notizie su quello che mi stava succedendo e i sintomi che continuavano a peggiorare hanno iniziato a farsi strada fra i miei pensieri ipotesi leggermente catastrofiche. In men che non si dica mi sono ritrovato sommerso da un pensiero che mi sembrava più grosso di me, e anche se adesso la cosa mi fa sorridere, mi sono convinto seriamente che da questa storia ne sarei uscito morto e stecchito. E' stata la sensazione più brutta che ho provato in vita mia ma in quella serie infinita di attimi terribili si è fatta strada dentro di me un'idea geniale: "potevo anche crepare ma me la sarei goduta fino alla fine", e così con quelle 4 nozioni che avevo sul Buddhismo e la meditazione ho iniziato a tirarmi fuori da quel pensiero e ad apprezzare tutte le cose che avevo attorno.

Pensando all'affetto dimostrato dagli amici, come il Botti, Rouge, il Mosca, Giorgia che fin dai primi giorni sono venuti a farmi compagnia, apprezzando quello che stava facendo per me mia mamma, guardando il sole posarsi sul panorama pavese che in quei momenti mi sembrava incredibilmente bello, in un attimo mi sono sentito di nuovo forte e in grado di passare attraverso quello che mi stava succedendo, in un modo o nell'altro.

Finalmente arrivò la diagnosi: Sindrome di Miller-Fisher!

I miei amici ovviamente sanno abbastanza bene di cosa si tratta e di come funziona però faccio una breve pausa dal racconto per spiegare come funziona.
Praticamente è una variante più scarsa della Sindrome di Guillain-Barrè, ed essendo una malattia immunomediata, cioè causata dal sistema immunitario la cura che mi viene proposta è una serie di flebo di gamma-globuline.

Il giorno in cui si inizia la cura si scopre una cosa simpatica: sono allergico alle gamma-globuline e mi viene pure l'asma. Per fortuna esiste una cura più sbatti ma più efficace: la plasmaferesi.


Nuovamente arriva il giorno della tanto attesa cura. Sperando che sia la volta buona mi caricano sull'ambulanza e mi portano al Policlinico. Mi accoglie un medico simpatico, un atleta che mi racconta delle sue corse a piedi e dei suoi allenamenti, e uno staff di infermiere che sa mettermi a mio agio. Mi avvisano che la plasmaferesi sarà un po' dura e mi spiegano brevemente come funziona. La macchina si imposta automaticamente e sentenzia che io per 1 ora dovrò starle attaccato a farmi lavare il sangue. Mentre lei lava io devo giochicchiare sempre con una pallina per non far bloccare il sangue nel braccio.Sembra una cosa facile ma dopo mezz'ora sono conciato come uno straccio e pompettare quella pallina diventra sempre più un'impresa titanica, però arrivo alla fine dell'ora e mi riportano al Mondino nella mia stanza.

Mi spostano e fortunatamente non sono più nello stanzone con i casi gravi ma in una stanza da due. In breve scopro che il mio compagno è un fumatore incallito (fuma in stanza con la mia totale complicità) credo sulla 50ina abbondante di anni, amante dei Rolling Stones e che ascolta la radio ad un volume assurdo, tale da mandare in tilt tutti gli amplifon del circondario. La vita inizia a cambiare.

Instancabili il Mosca e Giorgia continuano a venirmi a trovare ogni giorno. Passano a trovarmi anche gli amichetti pavesi ed essendo in una stanza da due posso ricevere gente con più tranquillità, riuscendo a farmi passare meglio il tempo. Effettivamente in ospedale il tempo è un problema, specialmente quando il peggio è passato e la noia inizia a riempirti la giornata. Nel frattempo fra iPod, libri della Pimpa regalati dal Mosca e Gio (gli unici che riesco a leggere perchè scritti enormi), momenti di meditazione e chiacchierate con gli altri malati piano piano combatto la noia.

Dopo la seconda plasmaferesi per la prima volta nella mia vita svengo, giusto per far capire quanto è stancante come cosa. Io non mi preoccupo, tanto ero in ambulanza, e mi risveglio senza l'intervento di nessuno.

Le altre due plasmaferesi vanno via lisce come l'olio fra le chiacchierate con il dottore e la palletta da continuare a pompettare.

Così nel giro di 2 settimane ho finito la cura e mi ritrovo ad iniziare la riabilitazione. Mi cambiano di piano e mi ritrovo in stanza da solo, per una settimana non avrò nessuna compagnia e così decido di farmi portare il computer così inizio a cazzeggiare fra facebook e youtube.

Faccio la conoscenza di Marcella che per 1 mese si occuperà della mia riabilitazione, e piano piano mi ambiento nel reparto. Scopro che un fisioterapista,Antonio, è un grande appasionato di filosofie orientali e ogni tanto quando si può parliamo di Dogen e di Zen, lui mi consiglia qualche libro e io gli passo una tesi di laurea sui Koan che ho scovato tempo prima su internet .

Nel mentre mi vengono a trovare un sacco di persone, la domenica: Eliana, il Came, Chiara, il Ferra, la Wally, il Botti e Cristina; praticamente ogni giorno: il Goro, Marianna, i già citati Mosca e Giorgia, e spessissimo passano a trovarmi Bash, Rouge, Erica, Facci e il Gori che viene di mattina dopo i passaggi in università, vincendo oltretutto la sua repulsione per gli ospedali. :-) Una volta sono passate a salutarmi anche la Lilly e Michela, cosa inaspettata ma gradita specialmente dopo la litigata vacanziera.

La seconda settimana nel nuovo reparto non sono più single in camera ma mi trovo quello che all'inzio per me sarà solo un antipatico bauscia milanese ma che nel giro di tre settimane si trasformerà in un compagno di tour per l'ospedale, di mangiate di gelati, di merende a base di salame di varzi e una fonte inesauribile di racconti, a volte spassosi e volte interessantissimi.

Le tre settimane con Mario in camera sono state l'ennesima fortuna, e nel mentre la mia mobilità continuava a migliorare, mentre la vista anche se meno KO rispetto all'inizio era ancora un po' compromessa e mi toccava andare in giro sempre con un occhio bendato per non vedere tutto sdoppiato.

Gironzolando in reparto capivo quanto ero fortunato, io vittima di quello che alla fine si è rivelato solo un grosso spavento stavo fra giovani padri con malattie incurabili costretti a fare i conti con l'idea di doversi seperare dai propri figli, fra persone che avrebbero comunque portato sempre con se i segni di un trauma mentre io dovevo solo aspettare e tutto sarebbe tornato come prima.

Dovevo solo aspettare e io aspettavo. In ospedale ho imparato la pazienza, anche perchè non c'è un altro posto dove il tempo si trascina così lentamente. Mentre chi sta fuori, a casa, seduto su un divano davanti alla tele, o al lavoro davanti ad un pc, non deve aspettare anzi si deve muovere, deve fare qualcosa, in ospedale non ci si può muovere e c'è molto da fare quindi si può solo aspettare.

Facendo muso duro a mia mamma e a mia sorella, che non vedevano l'ora di rivedermi gironzolare per casa e che mi spronavano per firmare le dimissioni volontarie, ho continuato ad aspettare. Fino all'ultimo giorno.

 27 Settembre 2008, sabato.
Dal 18 Agosto,giorno del mio ingresso in ospedale, avevo smesso di farmi la barba, il motivo vero non lo so, forse perchè volevo sottolineare la sospensione del tempo in quello che stavo vivendo. Mentre attendo la lettera di dimissioni, con tutte le istruzioni per gli esami da eseguire nel periodo successivo alla mia degenza, finalmente prendo pennello e rasoio e mi sbarbo. I miei compagni di degenza non mi riconoscono più e a me fa un effetto strano vedermi senza barba. Una metamorfosi.

Finalmente a casa, anche se sempre con un occhio bendato. Riabbraccio Attila che si prodiga in una serie infinita di feste e la sera non resisto e organizzo un aperitivo al Cervinia. Si presentano all'aperitivo tutti, ma proprio tutti, con una benda sull'occhio e io un po' mi pelo dal ridere e po' mi commuovo.

Qualche mese dopo, in barba alla visite oculistiche che dicono che non recupererò mai la vista completamente, torno a vedere come prima, cioè doppio se guardo a sinistra ma normale in tutti gli altri casi.

Ora mi ritrovo a due anni da questa esperienza arricchito da amici veri e alleggerito dal problema dei falsi amici, con una discreta capacità nel prendere le difficoltà come vanno prese, cioè un passo alla volta e con una badilata di pazienza, e con una mezza idea di quali sono le cose effettivamente importanti nella  vita. :-)

5 commenti:

Lele ha detto...

Una precisazione: non mi sono volontariamente schierato nella litigata uomini vs. donne, mi sono trovato in mezzo e per mantenere gli equilibri sono stato schierato contro chi rifiutava il Palmetio piu' grande dell'universo!! ;-P
Tra l'altro vorrei tornare a vedere se su quella strada c'e' ancora il segno del gesso per terra......

Ricordo ancora la partenza da Creta con noi due stongissimi per il troppo alcol, e ricordo ancora le tue parole in macchina al ritorno: "Portami a casa che ho un mal di testa assurdo, voglio dormire due giorni....ci si rivede lunedi'!!".

Azz, poi l'sms di Rouge e lo spavento, ringraziando il cielo che sia comunque successo su suolo italico....ti immagini a portarti al fantasmagorico pronto soccorso di Hersonissos, e a farsi capire da quelli???

Caro socio, come ti dico sempre, siamo qui, hai tutti i riferimenti per trovarci (e ti ricordo pure che sei stato il primo, su una spiaggia cretese mentre si bevevano litri di Mythos, a cui ho detto una cosa importante....e ci sara' un motivo!!)!!!

Voghera + Libera ha detto...

La litigata è nata spontaneamente, come i funghi sotto i piedi dopo che vai in piscina, ed è stata divertente :)

Abbiamo trovato uno zaino fotografico chiedendo indicazioni assurde ad improbabili passanti figurati se non ce la cavavamo ugualmente. ;)

Ti ricordo che quella notizia potrebbe essere una delle cause della malattia, ultimamente è stata aggiunta ai vari manuali medici come ipotesi plausibile insieme alle maledizioni che mi ha lanciato la Lilly in quel periodo :p

Voghera + Libera ha detto...

Ah mi dimenticavo.
Se guardi con Google Earth con la zoom a badila si vedono ancora i segni del gesso e della frenata.

Unknown ha detto...

(eh, su google mi chiamo Stefano... eh...)

Allora, innanzitutto manca un dettaglio assolutamente fondamentale: il principale sintomo della Guillain-Barret è il progressivo diventare identici a Renato Pozzetto! Ricordo ancora il primo giorno, quando ho fatto una fatica fottuta a entrare al Mondino, tutto agitato. Quando ti ho visto ti ho chiesto come stavi e poi mi è venuto un pochino da ridere (e in quella situazione era una reazione veramente del cazzo) e ti ho detto "Minchia, sei uguale a Renato Pozzetto". Vah che sono una brutta persona, eh...

Di quei giorni, soprattutto quelli dopo l'annuncio della diagnosi, ho un ricordo positivo. Le gite quotidiane in ospedale erano un momento bello della giornata: ci smazzavamo clienti onestamente allucinanti (e quando mai non lo sono) e poi si veniva a trovarti, a sparar cazzate e farsi cazziare dalle infermiere perchè avevamo i teschi sulla maglietta. (ahinoi è successo davvero, ma soltanto perchè avevo finito le magliette easy...)

Gio mi dice che il suo rammarico più grande di quei giorni è non essere riuscita a portare la pizza. Mi dice che col Goro avevano parlato di fare una specie di pizzata tutti insieme in ospedale, ma gli orari erano risultati impedienti e non se ne era fatto nulla. Io sospetto che fosse anche terrorizzata dal fatto che in quel periodo il condizionatore della Golf ci aveva abbandonato e noi ci si muoveva con la Matiz. Gio, in tangenziale a PV, era solita gridare "Eeeh! La RedBull Race!!!" riferendosi alla scarsa solidità che accomunava Matiz e vetture di cartone autocostruite dell'omonima gara...

Scherzi a parte, io il rammarico di non aver gestito le cose al meglio, il primissimo giorno, ce l'ho. Il Botti mi aveva avvertito tempestivamente, ma (per ovvi motivi) non mi aveva saputo spiegare cosa avevi. Io avevo deciso di aspettare i risultati dei primi esami prima di diffondere la notizia. Ma ovviamente dai primi esami non si era capito niente e il Botti tardava a darmi notizie. E in quella, Rouge ha saputo e si è (giustamente) incazzato. Come è noto sono scarsissimo nelle relazioni pubbliche. :(

A guardare la cosa a posteriori, è stata un'esperienza che, come giustamente dici tu, ha fatto crescere tutti. Certo, ci siamo dovuti cambiare le mutande spesso e volentieri nei primi giorni. E il principale responsabile non credo abbia imparato a dare certe notizie in modo più soft!!! :P


(oh, ma ce l'avevi tu la benda da pirata di scorta? io ogni due o tre mesi la cerco e non la trovo... beh, poco male, non serve più! :D )

(comunque, chiedete pure in giro: io avevo diagnosticato la Guillain Barré il SECONDO GIORNO... poi si sono inventati sta cosa della variante Miller Fischer per non fare figure di merda, vabbeh...)

(sò mejo de dottor house!)

Voghera + Libera ha detto...

Stefano? Chi? :p

Ogni tanto la Renato Pozzettite mi torna, sarà uno di quei sintomi che ritornano periodicamente. Chissà.

Rouge ha saputo il tutto da un mio SMS, 10 parole scritte in 2 ore di duro lavoro, anche perchè non avendo una tastiera fisica con l'iphone non potevo nemmeno andare a memoria e non vedendo un cazzo ho sbagliato a scrivere 50 volte.

La prima diagnosi cmq era lupus, ma alla fine non è mai il lupus(per fortuna).

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